Andouillette - Insaccati della Cucina Francese

Andouillette - Insaccati della Cucina Francese

Un viaggio culinario in Francia è un viaggio gastronomico dedicato tanto al gusto e ai piaceri della tavola quanto alla scoperta dei prodotti tipici. Un viaggio culturale che merita un'attenta conoscenza e una profonda riflessione.

Prima di parlare dell’andouillette, e per meglio capire l’importanza che ha un cibo tipico in un contesto economico culturale tradizionale, è bene fare qualche accenno alla storia alimentare francese.

Una storia che fa leva su due perni fondamentali: da una parte i campi, le regioni e le coste detentrici di prodotti tipici, che affondano le proprie radici nel Medioevo e nell’età Moderna, dall’altra l’Ile-de-France, culla del Rinascimento e della Rivoluzione. Al centro dell’Ile-de-France si trova Parigi, promotrice della gastronomia borghese del XIX secolo.

Da questa prospettiva possiamo rivolgere uno sguardo all’indietro per ricercare i primi ricettari francesi, ed è qui che ci possiamo fermare alla metà del 1600, ovvero tra la fine del regno di Luigi XIII e l’inizio di quello di Luigi XIV. È infatti in quest’arco temporale che nascono i primi ricettari; insieme ad essi nasce anche un modello di gusto tipico che viene tuttora identificato con la cucina francese.

Quella della cucina francese è l’egemonia di uno stile, di un codice operativo e di un linguaggio culinario che ben presto sono diventati internazionali. Il percorso converge con la crescita di Parigi capitale della Francia e segue l’epoca napoleonica.

Non tutto però è statico. La Francia del 1900 ha infatti dato uno scossone alla culinaria urbana che la dominava. In questo periodo si assiste, infatti, a una reazione generale all’autorità di chef del calibro di Carême e dei loro eredi (o meglio dei loro discepoli), il tutto per valorizzare un ritorno a prodotti e a ricette provinciali.

Parallelamente, in tutto il mondo della ristorazione, vengono adottate salse e nomi di piatti, menu e prodotti di prestigio molto urbani. Tra questi le ostriche e lo Champagne*.

Ma la storia della gastronomia non è immobile, e nel bilancio di una cultura culinaria importante come quella francese non possiamo non accennare all’avvicendarsi delle mode gastronomiche spinte dalla stampa che hanno condizionato i gusti del mondo occidentale.

Ultima moda dal carattere forte e incisivo per ordine d’arrivo è quella della nouvelle cuisine.

La nouvelle cuisine è semplicemente il sunto dei generi alimentari rurali e urbani, la sintesi perfetta di ricette autoctone e non, di cotture dimenticate e di innovazioni tecnologiche.

La nouvelle cuisine è il segno profondo di frattura e di rivolta alla routine e al deteriorato formalismo di radice ottocentesca.

Sfogliare il passato ci aiuta a guardare il presente, ma fa anche chiarezza su un assunto importante: in un territorio vario e vasto come quello francese è complesso leggere una cultura culinaria univoca.

Dal 1809, ovvero da quando Cadet de Gassicourt fece incidere una carta geografica in cui vicino ai nomi delle città erano indicate le specialità gastronomiche, l’assioma della varietà (dei prodotti) nell’unità (della cucina) è stato conseguito.

Cartina in mano, muovendoci in senso orario possiamo assaporare mille specialità: si va dai vini al brie della Champagne, dai piedini di maiale alla cacciagione delle Ardenne e all’andouillette di Troyes. Dopodiché si toccano i territori orientali di Alsazia e Lorena, in cui dominano: la carne di maiale, i cavoli freschi fermentati (la choucroute) e salati, il pesce d’acqua dolce, la quiche lorraine e il fegato d’oca di Strasburgo.

Proseguendo il viaggio si arriva nello Jura e in Savoia. Qui le montagne con i loro pascoli offrono formaggi freschi e pietanze deliziose come la fondue, i gratin e il salmì di lepre.

Giunti in Provenza, con l’incontro dei primi uliveti e di un clima decisamente più mite si trovano tradizioni culinarie diverse. Il vero re diventa l’olio d’oliva e con lui il pesce fresco, ingrediente di saporite zuppe; si prosegue con il pesce di conserva (il baccalà), le erbe aromatiche, i caprini e le insalate di pomodoro ricchissime d’aglio.

Spostandoci a ovest, tra il mare Mediterraneo, la catena montuosa dei Pirenei e l’oceano Atlantico, ritornano i salumi, rispunta il formaggio ovino e si fa la conoscenza gastronomica di conserve di fagioli e di maiale.

Da qui, salendo a sudovest, abbiamo l’incontro con il fois gras e il tartufo nero, con le lumache, i funghi, le ostriche, la cacciagione di passo e il Cognac*.

Il Nord, invece, è dominato dalla sapidità del pesce e dei crostacei bretoni, da quella delle crêpe di grano saraceno e dal gusto interessante del burro salato.

Si prosegue il percorso verso la Normandia, lambendo la Borgogna e varcando le porte dell’Ile-de-France. Qui gli scambi s’infittiscono, la cucina è Parigi, luogo in cui viene rimescolata tutta la geografia alimentare tipica: Parigi è come una grande bocca che ingurgita specialità locali e tonnellate di derrate alimentari.

Un particolare non trascurabile e importante da mettere in evidenza è che alla base del menu della nazione francese, così come alla base di ogni menu regionale, c’è stato e c’è tutt’oggi il pane, alimento d’unione su cui si spalmano i grassi e in cui si raccolgono le salse.

Ma non è tutto. Non solo il pane, ma anche l’andouillette, specialità regionale dell’Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena, nonché insaccato regionale e nazionale francese, è diventato un importante elemento culinario di unione.

L’andouilette non è altro che un salume, una di quelle specialità che suscitano sentimenti decisi: o lo odi o lo ami alla follia.

Adorato da Luigi II, che offrì il salume in occasione del banchetto che ne festeggiava l’incoronazione, l’andouilette fu molto amata anche Luigi XIV, il quale ne conobbe il gusto fermandosi a Troyes al ritorno da una spedizione in terra di Borgogna. La fama dilagante di quest’alimento ha seguito il ciclo della storia senza sosta entrando anche nelle grazie del palato dell’imperatore Napoleone I.

L’andouillette è l’insaccato dell’intestino del maiale. Da non confondere con l’andouille di Vire, il salume preparato con budella di maiale, che prevede una stagionatura di diverse settimane tramite un processo di affumicatura con legno di faggio.

Altra differenza non trascurabile e da sottolineare riguarda il ruolo rivestito dall’andouillette e dall’andouille. La prima è infatti una vera e propria portata che offre a chi cucina diverse possibilità di realizzazione, mentre la seconda si consuma fredda; non a caso nei menu la troviamo tra gli antipasti.

Ritornando all’andouille di Vire, questa non deve essere assolutamente confusa con il salame tipico della Calabria noto con il nome di ‘nduja, collegato sì all’insaccato francese ma per una mera questione linguistica, visto che, con molta probabilità il nome di questo prodotto deriva proprio dalla mediazione del diminutivo andouillette.

Tuttavia, la differenza culinaria c’è ed è grossa, perché il salame non salame di Spilinga, famoso per il suo sapore e per il caratteristico colore rosso simile a quello del chorizo degli spagnoli, viene realizzato con le parti grasse del maiale, ovvero con la pancetta, il lardo e il guanciale, e non con le frattaglie. Ma non finisce qui. La ‘nduja è anche caratterizzata da una non trascurabile peculiarità, dal momento che è costituita da un’avvolgente pasta spalmabile, un cuore morbido e succoso che nasce proprio da quel misto delizioso di carne di maiale e grasso mescolati al peperoncino rosso macinato (da qui deriva l’accesa colorazione).

Nato come insaccato povero, il salume calabrese diventò ben presto condimento per insaporire piatti semplici, in primis le verdure bollite.

Oggi invece, si tende a utilizzare la nduja come ingrediente di soffritti, che insieme alla cipolla (preferibilmente quella rossa di Tropea) diventa base di sughi e ragù.

Protagonista di numerose ricette, la troviamo abbinata con i peperoni, come ingrediente di frittate e di pizze e come componente fondamentale per rendere più golosa la cottura delle uova fritte. Ottima per accompagnare formaggi, la ‘ndjua riprende il suo ruolo contadino quando la ritroviamo, come nota di sapore dominante delle tavole, semplicemente spalmata a mo’ di crema su fette di pane abbrustolito.

Ma riprendendo il fil rouge del nostro viaggio, non è certo difficile intuire il perché di digressioni su altri argomenti (nella fattispecie sulla ‘nduja), peraltro collegati al nostro argomento principale.

Occhi attenti e interessati ci fanno comprendere come le culture culinarie, e con esse i cibi e i prodotti dei territori, non siano alieni da commistioni e collegamenti.

Tutto si sposta e s’incontra con l’”altro”, ogni movimento, ogni tradizione culinaria ci regala spunti di riflessione interessanti e mai banali, ogni “tipicità” può diventare grande e può arricchirsi incontrandosi, senza peraltro mai perdere la sua unicità.

E allora è qui che ritorniamo a parlare dell’anouillette, un salume certamente unico, ma che come abbiamo avuto modo di vedere è simile ad altri prodotti.

Di forma e di taglia irregolare, la vera andouillette è quella certificata dal marchio di qualità 5A (Association Amicale des Amateurs d’Andouillette Authentique).

Ci troviamo di fronte a un cibo tipico di una città francese che è diventato specialità di tutta la tradizione gastronomia nazionale. Un cibo di unione, come già precisato poc’anzi.

Le sua origine è da ricercarsi nella città di Troyes. A testimonianza di ciò esiste un documento risalente al 1590, custodito nella Biblioteca Nazionale di Francia.

Ciò nonostante, la città che ha regalato i natali all’andouillette, tra i prodotti tipici francesi più famosi, oggi è diventata “assente”, o meglio risulta mancante, nei confronti del cibo a cui ha dato i natali. Infatti, è proprio nella sua terra natia, nell’Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena di Troyes, che l’andouillette, prodotto imperfetto nella forma quanto affascinate nel gusto, ha interrotto la sua produzione.

Una volta insaccate, le andouillette vengono cucinate dentro un brodo aromatizzato di cui ogni produttore ha una versione personale che non intacca la tecnica tradizionale di realizzazione dell’andouillette: tutti seguono tassativamente le fasi del tipico metodo di preparazione, tutti devono far entrare le strisce dentro un budello cieco tirandole poi con una cordicella.

Nonostante gli ingredienti impiegati, l’andouillette è contraddistinta da un sapore molto delicato, per nulla forte e nauseante, uno di quei sapori indescrivibili che stuzzicano piacevolmente il palato.

Qualche volta le andouillette vengono ricoperte di pangrattato, gelatina o strutto. Così condite si degustano cucinate alla griglia o in padella.

Per trovare l’andouillette basta recarsi nei ristoranti, nei bistrot e nelle brasseries francesi, dove questa salsiccia si può apprezzare al naturale, rosolata a fuoco lento con un po’ di burro, grigliata, cotta nel vino rosso o nel sidro, cucinata nello champagne, o preparata sotto forma di deliziosi sgonfiotti serviti con salsa al chaource.

Le andouillettes si possono mangiare anche fredde a fettine, sono ottime servite con l’aperitivo e perfette per deliziare il momento dello spuntino a scuola o a casa.

Le andouillettes si possono riscaldare in forno e sono molto sfiziose accompagnate da un piatto di patate fritte, buone anche servite con un contorno di lenticchie o di fagioli rossi, di cavolo rosso o di passato di sedano, risultano speciali con le mele.

Questo prodotto, che offre al cuoco diverse possibilità culinarie di preparazione, si trova anche accompagnato da numerose salse e diversi sapori: goloso con salsa alla senape all’antica.

Una volta ordinata o acquistata, è bene seguire il consiglio dei francesi, che ne promuovono l’assaggio accompagnato da un buon bicchiere di champagne brut o da un buon sidro.

Molto ricercato dai turisti, questo salume, una volta mangiato, non si scorda più.

Degna di nota e assolutamente da provare è la versione lionese del salume, che vede l’andouillette fatta con la trippa di vitello e talvolta anche con un po’ di frattaglie di maiale.

Da non trascurare anche l’andouillette provenzale, che unisce le trippe di maiale a gola non scotennata. Interessante l’assaggio dell’andouillette più asciutta della zona di Rouen, preparata con interiora di maiale ma priva di trippa e di rete di vitello; c’è poi quella di Arras, realizzata con frattaglie di maiale insaporite con scalogno, prezzemolo e mostarda. Quest’andouillette viene avvolta in un budello di manzo resistente ed è caratterizzata da una consistenza morbida.

Conosciuta per il suo gusto inconfondibile, l’andouillette, svestendosi di provincialismo, come tutti i cibi importanti che si rispettino, ha varcato i confini francesi e ha viaggiato per il mondo; una volta introdotta in America, ha fatto scuola dando vita a una sua versione yankee molto piccante.

È importante ricordare che quando ci rechiamo ad acquistare le andouillette di Troyes, dobbiamo comprare rigorosamente solo quelle confezionate con puro maiale, legate a mano con il filo e aventi marchio 5A.